Nella frenesia quotidiana, con manager che prendono decisioni complesse in tempi sempre più rapidi, il rischio è di voler fluidificare il tutto con schemi mentali standardizzati di problem solving, dove libera riflessione e creatività sono ridotte al minimo
In ogni fase della mia carriera lavorativa ho avuto l’impressione di stare lavorando di più e con maggiore frenesia rispetto al passato, e così finivo talvolta per rimpiangere “i bei tempi andati”. Se del passato si ha spesso una immagine sfuocata e si ricordano più i fatti piacevoli di quelli che lo sono meno, credo che in quella impressione ci fosse comunque un fondo di verità.
Specie nell'ultimo decennio, quando lo scenario economico si è fatto più complesso ed ha posto tutte le aziende di fronte a sfide articolate per difendere le posizioni competitive, se non addirittura per sopravvivere, i contesti lavorativi hanno subito una pressione sempre più forte.
Sono molti i motivi, ad esempio la volontà di massimizzare il potenziale di reattività al mercato o l’accentuazione degli sforzi per innovare in competenze e metodologie… spesso però è bastata l’esigenza di ridurre i costi, che comportava taglio di personale e conseguente redistribuzione dei carichi di lavoro sul personale rimasto.
In questa frenesia lavorativa, con manager forzati a prendere decisioni sempre più complesse in tempi sempre più rapidi, il rischio è quello di fluidificare il tutto costruendosi schemi mentali (e processi operativi) standardizzati e semplificati di “problem solving”, in cui però libera riflessione, creatività e presa di rischio sono ridotte al minimo.
In aziende molto strutturate, dove esiste in più una standardizzazione di processi, metodologie operative, strumenti di lavoro, il rischio di una omogeneizzazione del pensiero è ancora più rilevante, con il rischio rilevante di creare inconsapevolmente “soldatini”.
I manager devono allora prestare grande attenzione a non intorpidire la capacità potenziale di rottura degli schemi, sia propria che dei propri collaboratori.
In caso di decisioni importanti occorre allora saper fare un passo indietro, estraniandosi dal contesto per non farsi incatenare dall'abitudine o da schemi mentali precostituiti e decidere con maggiore indipendenza.
Intanto liberando la mente per tornare a riflettere con serenità, trovando un momento totalmente al di fuori dell’ambiente lavorativo: una passeggiata in solitudine nella natura, un massaggio rilassante, un concerto heavy metal, una corsa all'alba nel parco…. (beh, ognuno può trovare il proprio)
Poi arricchendo il contenuto delle proprie riflessioni:
- valutare la situazione da angolazioni differenti, ad esempio dal punto di vista del fornitore o del cliente o del consumatore, mettendosi sinceramente nei loro panni (io cosa mi aspetterei?)
- ipotizzare cosa si deciderebbe se non esistessero standard di proceduta aziendale
- confrontare cosa decideremmo se non avessimo un capo
- immaginare cosa farebbe nella stessa situazione il concorrente di riferimento
- verificare che risposte sono state date in altri mercati, da aziende simili alla nostra, allo stesso problema
- conoscere (se applicabile) cosa prescriverebbe la teoria di marketing
- prevedere cosa si farebbe di fronte ad una decisione simile in contesto familiare…
Insomma, le opzioni sono molte; la chiave è uscire dai metodi abituali di ragionare per esplorare nuove piste, che soprattutto ci facciano evitare come la peste la giustificazione “beh, abbiamo sempre fatto così”.